Emilio Croci Torti (1922-2013)
Da: L’Informatore del 21 maggio 2010 – Servizio a cura di Guido Codoni
N ato nel 1922 nel nucleo di Stabio, Emilio si trasferisce poi nella casa di via Santa Margherita costruita dal nonno all’inizio del secolo. Negli anni della mia gioventù la bicicletta era presente in ogni momento della giornata. A scuola si andava in bici, gli uomini la utilizzavano per recarsi a lavorare o a giocare a carte a Clivio, a Rodero o altrove. Ma il primo sport che ho praticato fu il calcio: eravamo nel 1940 e giocavo da centromediano nello Stabio. Smisi perché le ginocchia mi dolevano, cosa che non mi capitò pedalando.
Nel 1941 la prima bici da corsa.
L’Aldo Borradori, che frequentò con me la scuola d’Arti e mestieri e correva già da dilettante, mi propose di andare a pitturare le imposte dello stabile della ditta Faloppa a Chiasso. Come compenso barattai la prima bici da corsa. È con la maglia del V.C. Chiasso che il corridore di Stabio disputa, nel 1944, la sua prima gara; si tratta di un circuito a Mendrisio e questa è la classifica: 1° Natale Cattaneo; 2° Emilio Croci Torti, 3° Ugo Koblet.
N ato nel 1922 nel nucleo di Stabio, Emilio si trasferisce poi nella casa di via Santa Margherita costruita dal nonno all’inizio del secolo. Negli anni della mia gioventù la bicicletta era presente in ogni momento della giornata. A scuola si andava in bici, gli uomini la utilizzavano per recarsi a lavorare o a giocare a carte a Clivio, a Rodero o altrove. Ma il primo sport che ho praticato fu il calcio: eravamo nel 1940 e giocavo da centromediano nello Stabio. Smisi perché le ginocchia mi dolevano, cosa che non mi capitò pedalando.
Nel 1941 la prima bici da corsa.
L’Aldo Borradori, che frequentò con me la scuola d’Arti e mestieri e correva già da dilettante, mi propose di andare a pitturare le imposte dello stabile della ditta Faloppa a Chiasso. Come compenso barattai la prima bici da corsa. È con la maglia del V.C. Chiasso che il corridore di Stabio disputa, nel 1944, la sua prima gara; si tratta di un circuito a Mendrisio e questa è la classifica: 1° Natale Cattaneo; 2° Emilio Croci Torti, 3° Ugo Koblet.
La seconda gara è il giro del Mendrisiotto.
Ero in fuga coi due fratelli Weilemann. Scendendo la Torrazza, che era sterrata, bucai e caddi strisciando per una decina di metri. Ero completamente insanguinato e mi ricordo di aver visto mio papà piangere. Quando mi riportarono a casa, la mamma chiese se la testa l’avevo ancora. Da quella volta, tutte le volte che partivo per disputare una gara mi diceva: “Van pian, tus!”.
L’anno successivo veste la maglia del V.C. Stabio. Ero l’ultimo corridore di questo Velo club risorto grazie a Italo Induni, Giuvan da Marin da Merat, Pedru dal Mulin, Ninu Gubet, Gin Lüisun e altro. La maglia nera con la scritta gialla, la mise a disposizione Bruno Crivelli che aveva una fabbrica di maglieria a San Pietro. Andavo forte e vinsi parecchie corse; regolarmente mi piazzavo davanti a Koblet.
Ero in fuga coi due fratelli Weilemann. Scendendo la Torrazza, che era sterrata, bucai e caddi strisciando per una decina di metri. Ero completamente insanguinato e mi ricordo di aver visto mio papà piangere. Quando mi riportarono a casa, la mamma chiese se la testa l’avevo ancora. Da quella volta, tutte le volte che partivo per disputare una gara mi diceva: “Van pian, tus!”.
L’anno successivo veste la maglia del V.C. Stabio. Ero l’ultimo corridore di questo Velo club risorto grazie a Italo Induni, Giuvan da Marin da Merat, Pedru dal Mulin, Ninu Gubet, Gin Lüisun e altro. La maglia nera con la scritta gialla, la mise a disposizione Bruno Crivelli che aveva una fabbrica di maglieria a San Pietro. Andavo forte e vinsi parecchie corse; regolarmente mi piazzavo davanti a Koblet.
Nel 1946 il passaggio al professionismo.
Ottenuta la licenza da professionista, il VC Stabio organizzò una colletta – ricavo 250 franchi – per permettermi di fare la preparazione in Riviera. Ad Alassio conobbi un ciclista che mio papà continuava a nominarmi: Fausto Coppi.
Correvo con la Hermes Werke, una squadra di Chiasso, pure all’esordio tra i professionisti. Eravamo quattro: tre olandesi ed io.
La mia prima corsa fu la Milano – Sanremo.
Per poter gareggiare mi necessitavano due tubolari che mi diede Primo Volpi in cambio dell’orologio d’oro vinto in una corsa a Ginevra. La squadra passava poco o niente. Che emozione scalare la montagna simbolo di questa gara, il Turchino, il cui nome pensavo derivasse dal suo colore! Terminai ottavo e fu un gran bel piazzamento per un esordiente. Posso definirmi un passista. Ho sempre pesato sugli 80 kg. solo una volta sono sceso sotto quella soglia, arrivando a 78,9 kg.: fu quando nello stesso anno, il ’54, partecipai al giro d’Italia, a quello della Svizzera e al Tour.
La mia prima corsa fu la Milano – Sanremo.
Per poter gareggiare mi necessitavano due tubolari che mi diede Primo Volpi in cambio dell’orologio d’oro vinto in una corsa a Ginevra. La squadra passava poco o niente. Che emozione scalare la montagna simbolo di questa gara, il Turchino, il cui nome pensavo derivasse dal suo colore! Terminai ottavo e fu un gran bel piazzamento per un esordiente. Posso definirmi un passista. Ho sempre pesato sugli 80 kg. solo una volta sono sceso sotto quella soglia, arrivando a 78,9 kg.: fu quando nello stesso anno, il ’54, partecipai al giro d’Italia, a quello della Svizzera e al Tour.
La vita da professionista negli anni Cinquanta.
A parlare di ciclismo, certe volte prendo rabbia, perché penso che la gente non sempre creda a quello che abbiamo passato: la differenza, rispetto ad oggi, è talmente grande che sembra stia raccontando frottole! Faccio degli esempi. Avevo comprato un fornellino con la spirale elettrica su cui mettere un gamellino per far cuocere, in albergo, qualcosa da mangiare alle 03.30 del mattino. E si, perché la partenza di certe gare di 250 km avveniva alle 06.00. Massaggi alle gambe pochi o nessuno e guadagni di 50 fr. per gara. Per correre in circuiti nella Svizzera interna, partivo in treno - sul quale caricavo pure la bici – da Mendrisio, la domenica mattina alle 05.00. Alla sera ritornavo sulla stessa carrozza che ospitava le squadre del Lugano, del Bellinzona o del Chiasso che avevano giocato in trasferta. Rincasavo, in bici, alle due di notte! Cose dell’altro mondo!
Ringraziamo Marco Della Casa per averci donato il materiale riprodotto su questo sito.
Marco Della Casa: "La passione per i fatti, avvenimenti e le persone del paese, mi hanno indotto a svolgere una ricerca sugli anni (1944-1956) durante i quali Emilio Croci Torti ha corso in bicicletta prima da dilettante (1944-1945) e poi come professionista (1946-1956). In generale mi sono limitato a presentare le pagine più importanti della vita ciclistica di Emilio. Grazie alla sua disponibilità ho potuto proporre anche delle belle fotografie d’epoca, le corse o gli avvenimenti più significativi che l’hanno visto protagonista.
Ringrazio Guido Codoni che mi ha permesso di riprendere la presentazione di Emilio Croci Torti pubblicata sul settimanale “L’Informatore”.
Marco Della Casa: "La passione per i fatti, avvenimenti e le persone del paese, mi hanno indotto a svolgere una ricerca sugli anni (1944-1956) durante i quali Emilio Croci Torti ha corso in bicicletta prima da dilettante (1944-1945) e poi come professionista (1946-1956). In generale mi sono limitato a presentare le pagine più importanti della vita ciclistica di Emilio. Grazie alla sua disponibilità ho potuto proporre anche delle belle fotografie d’epoca, le corse o gli avvenimenti più significativi che l’hanno visto protagonista.
Ringrazio Guido Codoni che mi ha permesso di riprendere la presentazione di Emilio Croci Torti pubblicata sul settimanale “L’Informatore”.
Ringraziamo i famigliari di Emilio Croci-Torti per averci gentilmente permesso di condividere i prossimi inediti ed esclusivi documenti riguardanti la sua sfera privata. Una preziosa testimonianza di un ciclismo storico molto amato dalla gente per l'umanità dei suoi protagonisti.